mercoledì 8 settembre 2010

Sai contare fino a cento? E insieme contare, sopravvivere e sperare?



8 settembre 2010 alle ore 18.29

Sai contare fino a cento? E insieme contare, sopravvivere e sperare? Cento giorni, li hai contati?
I due maggiori schieramenti politici italiani in Sardegna, PD e PDL,  a cui fanno capo anche gli altri partiti autonomisti di cdx e csx - sardisti compresi - alla vigilia delle elezioni provinciali hanno firmato, davanti a telecamere e taccuini, un patto per il lavoro con i sardi. Si impegnavano - e impegnavano i loro eventuali presidenti e le giunte provinciali che avessero conquistato - con le competenze e le risorse disponibili,  a "destinare tutte le risorse necessarie per creare nuova occupazione, concretamente. Il Patto per il Lavoro indica una priorità assoluta per tutte le amministrazioni di centrosinistra e si articolerà in una serie di azioni da declinare nei primi 100 giorni di azione amministrativa dei neo eletti". lo disse  il segretario sardo del PD Silvio Lai. Il PDL non fu da meno, loro addirittura riducevano il tutto a soli 60 giorni per mettere insieme le risorse da destinare al dramma e creare nuova opportunità di lavoro. Le 8 province sono andate tutte ai due schieramenti anche grazie a questa ennesima - facile ed efficace visti i risultati elettorali – promessa. Ed il lavoro? Ed il patto? Che fine ha fatto?  E ci hanno dedicato pure tutte le risorse di cui dispongono, tutta la competenza e tutto l’impegno, "concretamente", avevano detto. Alcune giunte sono ancora in alto mare, altre non hanno neppure indetto la prima assemblea ufficiale, stavano in ferie dopo tanto lavoro, per loro, e per il loro intendere la politica.  Alcoa, Vinyls, settore agropastorale, Furtei, Legler, il 45% dei sardi sotto i 25 anni disoccupati (quasi 1 su 2, la media in Italia è di 1 su 4, e già l’Italia è la più disoccupata d’Europa in quella fascia d’età), le piccole ditte artigianali e quella Scaini che ancora grida vendetta per la svendita di una fabbrica che aveva commesse talmente alte da non riuscire ad evaderle, eppure ha chiuso quella fabbrica simbolo del malaffare politico e asservito ad interessi diversi da quello del popolo sardo. Cappellacci ha “promesso” che si sarebbe sdraiato in mezzo alla strada se non fosse stata realizzata la Sassari-Olbia, che avrebbe fatto non so quale eclatante gesto estremo per l’Alcoa, per la Vinyls, per tutte le disgrazie che loro stessi hanno causato con il loro asservilismo. Il senso della responsabilità di questa classe politica sta tutta nell’affermazione che lo stesso Cappellacci ha rilasciato all’indomani dell’analisi degli indicatori sociali degli ultimi dieci anni del sole 24 ore in cui la Sardegna regna ultima in quasi tutti i settori, ha detto che hanno fatto il loro  dovere e che sono alla fase 1 del programma, un bellissimo programma visti i risultati, speriamo non passino alla fase due, sarebbe difficile,  anche se si  impegnassero, fare di peggio, perché il loro obiettivo è quello.
 Nulla di tutto, per  i sardi il nulla. 
Una strana forma di autolesionismo che ha colpito i sardi ha  espresso la sua forza distruttrice nel ribadire nuovamente la fiducia a  questa classe politica autonomista, ed ora stanno tutti lì, ancora li,  peggio di prima, a leccarsi le ferite prodotte dall'incompetenza, dal menefreghismo, dall’incapacità  e  dall’impossibilità di governare i sardi con un sistema autonomistico, decretando – nella mente degli attenti - il fallimento dell’autonomia e dei suoi profeti. C’è chi dice che ciascuno ha ciò che si è meritato, vero. Ma quale male, quale condanna deve scontare questo popolo? Cosa avrà fatto di male a questa gente il nostro popolo? Oppure il male se l’è procurato da solo per non aver avuto il coraggio di dire "basta, ora vogliamo l’indipendenza!"? Ha la colpa di non aver scelto e voluto  una classe politica nuova, che lavori, pensi, programmi e realizzi con il solo interesse del e per il proprio popolo, un fare fisiologico, quantomeno, per chi non ha poteri sopra a cui rispondere, mendicare e dire grazie per quell’effimero e poco potere personale che ne traggono.
Trasporti, sanità, fiscalità, ricerca, infrastrutture, energia, ambiente, riconversione delle realtà industriali aliene al territorio e alla cultura, risanamento delle zone fortemente compromesse dalla stupidità.
 Il lavoro, logica conseguenza per un popolo consapevole della propria responsabilità, desiderio e coraggio di essere ed esserci. La storia siamo noi, la scriviamo noi, giorno per giorno, con le nostre scelte e passioni, o con le nostre rinunce.
Cento, e molti altri cento passerete a contare continuando  a sopravvivere e sperare, fino all’alba del  giorno in cui vi stancherete o avrete perso il conto, allora si comincerà il conteggio che ci allontana dalla fine.
Potremmo avere il paradiso e bussiamo all'inferno.   
Fintzas a s’indipendentzia!
Preferisco vivere e  decidere il mio futuro, con la speranza ho rotto.
Giuliu Cherchi