martedì 21 giugno 2011

Con le pezze al culo


In questi giorni, nel palazzo del governo sardo, si discute sul collegato alla finanziaria, documento necessario per porre correzioni a quella già approvata, o almeno questa dovrebbe essere la prassi ordinaria. Ma non in Sardegna, dove il collegato è solo uno strumento per cercare pezze ai già evidenti e conosciuti endemici problemi sociali ed economici .
E non parlo dei discussi singoli casi di intervento contingenti, ma di quelli strutturali.
Non è possibile cercare una soluzione per salvare Abbanoa dal crac finanziario (200 milioni di debito bancario) e non è possibile trovarne solo 50 e togliendoli per giunta dai fondi per i disabili non autosufficienti, dall'agricoltura, dalla programmazione per lo sviluppo o ad altri enti.
Non è possibile che non si trovino i soldi per le infrastrutture necessarie come gli aeroporti e porti.
Non è possibile sopravvivere in queste condizioni, nessuno ne sarebbe capace, figuriamoci una classe politica inutile e rinunciataria, che, in nome di un “ non vogliamo compromettere i rapporti politici con l’Italia” (Cappellacci l’estate scorsa in relazione al ricorso in corte costituzionale per le mancate entrate da parte delle casse centrali dello stato italiano) si rinuncia a ciò che è nostro, ciò che è un diritto, sono soldi pagati dai sardi, non regalie dello stato ma bensì sudore  dei sardi e delle sue 65 mila aziende messe all’asta dall’agenzia delle riscossioni italiana.
In calendario nessun provvedimento su questo, solo pezze, tagliando un pezzetto dal risvolto dei pantaloni per cucirlo sul culo.
Nessuna discussione da parte di tutta la classe politica sarda, da destra a sinistra, passando per il resto, nessuno che dica che abbiamo miliardi di euro che l’Italia ci ha fregato da anni, che non ci rende non si fa nulla per prenderseli. Strafottenza dell’uno o incapacità dell’altro? Tutt’è due direi, facile non sbagliare.
Si recuperino questi soldi; si chiuda Abbanoa e si finanzino i comuni che devono riprendersi la gestione pubblica della distribuzione dell’acqua; si finanzino le infrastrutture e si lascino gli scarsi fondi alle classi sociali deboli, questo dovrebbe fare una classe politica efficiente, cosciente e onesta verso il proprio popolo.
Una coscienza indipendentista agirebbe cosi, per il proprio popolo, anche con i monchi strumenti dati dall’autonomia.

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