mercoledì 3 agosto 2011

S'arburi birdi


Pochi giorni fa, durante la telenovela sulla cessione ai privati del carrozzone Tiirenia, il governo italiano ha minacciato il presidente dalla regione sarda che se non la smetteva di dar fastidio agli interessi economici  sull’affare italo-napoletano sarebbe saltato l’accordo sulla restituzione di due miliardi della vertenza entrate.

 Soldi, è bene ricordarlo, che lo stato italiano si è indebitamente impossessato e di proprietà dei sardi, pagati dai sardi e da cui i sardi traggono la loro sussistenza economica, argomento che avrebbe dovuto concretizzarsi il 27 luglio scorso, pochi giorni dopo quello che è a tutti gli effetti un ricatto, cioè quella forma di reato squallido e meschino che solo gli infidi possono mettere in atto “ ti ho sottratto  una cosa tua, se lo vuoi dammi tanto”.

Sappiamo bene come sono andati i fatti: la cordata che ha rilevato la Tirrenia  ha scaricato la regione e  in sede privata, con lo stato italiano, ha siglato il contratto di acquisizione e di proprietà di un servizio che vive e genera profitto grazie alla nostra terra in mezzo al mare, tutto però ruota nel e per l’interesse italiano e napoletano, come hanno di recente ammesso i proprietari delle compagnia che compongono la cordata .

Arriva il 27 luglio e al posto della definizione dei due miliardi arriva il ricorso dello stato italiano in cui si dice che quei soldi non possono essere resi perché la regione non ha detto come, dove e a quanto ammonta esattamente il dovuto: le norme di attuazione.

Cappellacci fa la scenata della restituzione della tessera del partito a cui segue la scenetta dell’incontro con il governo italiano in cui quest’ultimo sembra fare un mea culpa e concede alla regione quanto dovuto: poco più di un miliardo!

Chiunque, anche un bambino avrebbe detto “ma voi siete pazzi”, ma non Cappellacci e i suoi, che hanno invece issato gli stendardi della vittoria e sono rientrati in Sardegna con il petto gonfio “ abbiamo vinto, la linea dura rende”, sembra dicano. Dura? E da quando la pasta scotta è dura?

Il bello, o il peggio, è che quel miliardo non è neppure la resa del maltolto, almeno in parte sarebbe reso, invece è solo una piccola parte della programmazione sulle infrastrutture dell’ultimo decennio, infrastrutture finanziate decine di volte dai vari governi italiani di destra o di sinistra - per vincere “facile” le elezioni -  e mai realizzate.

Cosi, ancora una volta, una sconfitta passa per vittoria, anche se di vittoria in effetti si tratta: quella dell’Italia contro i sardi.

M’intendu unu fugadoni aintrus, ma imoi mi ‘ollu torrai a drommiri, bai e cica chi no ap’a sonnai su padenti, s’arburi birdi … s’arburi birdi … s’arburi birdi … s’arburi birdi” [cit. libro Memorias de Marianu]

A luegu

PS

È tutto da verificare se questi finanziamenti arriveranno o faranno la fine degli altri, come le altre volte, come sempre.

La bilancia parlante

Una barzelletta raccontava di un tizio che a forza di insistere nel voler capire come funzionava la bilancia parlante della stazione, ricevette questa risposta da parte della bilancia “ siccome ha i fatto il cretino hai perso pure il treno”.

Che il sistema di riscossione delle nostre entrate sia assurdo ormai lo sappiamo tutti, è lo stato italiano che incassa i nostri tributi e poi con calma e  facendo creste su creste sul dovuto dovrebbe rendercele.

Ma è successo che in tutto quel casino di codicilli, incapacità politica da una parte e molta scaltrezza dall’altra ( forti  del “valore” dell’altro) è successo pure che è stato lo stato italiano a ricorrere verso la regione sarda perché non ha approvato le norme di attuazione, cioè non ha detto esattamente a quanto ammonta e da dove esattamente si devono togliere quei soldi nostri e determinati negli accordi tra stato e regione, non al bar della piazza.

È assurdo, lo so, ma è così, come si dice  “cornuti e mazziati”.

Il debito che ha l’Italia con la Sardegna è ormai ben oltre 13 miliardi di euro, se poi assommiamo quelli che dovrebbe esserci riconosciuto delle mancate entrate derivanti dalle accise ci sarebbe da programmare un futuro economico, se non in discesa, sicuramente tutt’altro che in salita come lo è oggi.

Ma l’Italia ha ben altre prospettive riguardo la nostra economia, tutt’altro che favorevole a noi sardi, quindi che si fa? Si perde ancora tempo dietro questi meandri della burocrazia italianista che ad ogni giro di giostra ci riserva sorprese amare? Io direi di no, anzi, farei come la bilancia di prima “  siccome hai fatto il cretino ora perdi tutto”.

Secondo il  DPR 26 luglio 1965, n. 1074 la Sicilia, pari soggetto istituzionale (regione autonoma), alla regione   spettano alla Regione siciliana, oltre le entrate tributarie  da  essa  direttamente  deliberate,  tutte  le  entrate tributarie  erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o  indirette”.

Ancora

 “Art. 3.  Le   entrate   spettanti  alla  Regione  comprendono  anche  quelle accessorie  costituite  dagli  interessi di mora e dalle soprattasse, nonche'  quelle  derivanti  dall'applicazione  di sanzioni pecuniarie amministrative e penali.”

E ancora, la ciliegina

“Art. 8.  Per   l'esercizio   delle   funzioni  esecutive  ed  amministrative spettanti  alla Regione, ai sensi dell'art. 20 dello Statuto, essa si avvale,  fino  a quando non sara' diversamente disposto, degli uffici periferici  dell'Amministrazione statale. L'ordinamento degli uffici, lo stato giuridico ed il trattamento economico del relativo personale continuano ad essere regolati dalle norme statali. Le  piante  organiche degli uffici finanziari, di cui la Regione si avvale, sono stabilite dallo Stato, d'intesa con la Regione.              Alla  esazione delle entrate di spettanza della Regione, costituite da  imposte  dirette riscuotibili mediante ruoli, si provvede a norma delle disposizioni nazionali e regionali vigenti in materia e a mezzo degli  agenti  di  riscossione  di cui alle disposizioni stesse. Alla riscossione  delle, entrate di natura diversa da quella suindicata la Regione puo' provvedere direttamente o mediante concessioni.”

Serve spiegare cosa significherebbe per la Sardegna? Entrare in possesso di tutte le entrate che vengono pagate dai sardi o comunque generate in Sardegna e riscuotere  questi tributi direttamente. Serve altro?

Non è sufficiente questo a farci decidere di prenderci ciò che è nostro e finirla di dover inseguire il governo  italiano nei meandri di un sistema castrante e arrogante oltre che dannatamente dannoso dei nostri interessi? Fa così schifo prendersi tutto ciò che ci appartiene?

Si riapra l’ARASE (Agenzia della Regione Sardegna per le Entrate) e l’Agenzia regionale Osservatorio economico, ambedue chiuse da questo governo sardo perché, da loro, ritenute inutili e avviare un percorso di vera determinazione economica e che metta fine a queste scene  rivendicazioniste e castranti.