sabato 11 giugno 2011

Ostaggi di stato



Siamo ostaggi di stato, in tutti i sensi, sia per lo stato di cose, sia per il soggetto che ci tiene in ostaggio, sia per chi “sembra” agire, pur se con il classico cucchiaino per svuotare un lago, per rendere una parte di giustizia al popolo sardo.

E non è storia recente, è storia che ha radici profonde, quasi quanto lo stesso mare, se non di più.
Erano gli anni del 1870, anni in cui la Rubattino , strano ricorso storico quello di una nave della Tirrenia che porta il nome dell’armatore genovese dell’epoca, prendeva contributi pubblici dal governo e di fatto impediva, ed ha impedito, forte dei contributi statali, ad altri operatori marittimi  di inserirsi nei collegamenti marittimi per la Sardegna, era più di un secolo fa. Tanto che un certo Gaetano Rossi-Doria, primo presidente della camera di commercio di Cagliari, fece un’interrogazione parlamentare il cui testo oggi potrebbe tranquillamente ben rappresentare la situazione attuale in cui versa la nostra condizione sulla mobilità esterna.

Ma la storia potrebbe continuare su quella della Sardamare, società creata dal contributo di soli imprenditori sardi che provò ad annullare quella sorta di embargo a cui l’Italia ci condannò. Era il 1941, solo 5 anni dopo la nascita di quella che diventò la Tirrenia, diretta dalla famiglia Ciano,   l’Italia entrò in guerra e per tagliare i costi per le spese della sua guerra eliminò i collegamenti già molto radi ( si parlava di un collegamento ogni 15 giorni) con la Sardegna e durò anche dopo la guerra, almeno per altri 8 anni, le uniche navi che arrivavano e partivano dalla Sardegna erano cariche di carne da mandare al fronte. Gli imprenditori sassaresi misero su la Sardamare, che naufragò perché lo stato non diede nessun appoggio alla compagnia privata che svolgeva un servizio pubblico che il pubblico non svolgeva.

Siamo al 2011, nulla è cambiato, la Tirrenia, che dovrebbe garantire la continuità territorale, ha i suoi interessi oltre Tirreno, noi a guardare dall’altra parte aspettando con il becco aperto un piccolissimo vermicello da mettere nello stomaco, e poi ancora con il becco aperto aspettando, ancora.
Siamo ancora ostaggio delle compagnie sostenute dallo stato italiano e che in quello stato trovano sponda, quelle che martedi scorso hanno deciso di lasciare al porto di  Genova  passeggeri e trasportatori perchè erano pochi! Triste premessa su chi dovrà garantirci i collegamenti.
La privatizzazione della flotta di stato di fatto consegna il monopolio ad una cordata di armatori privati che sono gli stessi che già operano da e per la Sardegna, prenderanno i contributi statali per garantire la continuità territoriale che è di competenza dei sardi e quei soldi dovrebbero andare a chi ha titolarità istituzionale del servizio.
Con quella cifra (72 milioni/anno per 8 anni) potremmo garantirci 2000 attraversate sulla tratta Olbia/Civitavecchia gratis tutto l’anno a tutti i sardi.

Finalmente sembrava trovare sbocco una delle soluzioni che avevamo prospettato alle prime avvisaglie sull’eccessivo costo delle tariffe navali e prendeva corpo la prima bozza di flotta sarda.
Ma anche qui siamo ostaggio, ostaggio della pochezza, dell’inutilità di una classe politica sarda, unionista, che non ha coscienza del proprio ruolo, di chi rappresenta e a cui deve ogni suo agire.
L’incapacità di sopra sfocia in una organizzazione approssimativa e castrata, anche se era difficile sbagliare sono riusciti a farlo, quasi innaturale, ma ci sono riusciti.

Non hanno considerato il sistema della vendita tramite le agenzie, dove ancora si serve la maggioranza dei viaggiatori; non hanno considerato i trasportatori che non troveranno posto nella navi che hanno noleggiato; non hanno previsto dei corsi presso le capitanerie sarde per dotare dei dovuti documenti di navigazione i sardi che dovranno lavorare a bordo e, in finale, ciliegina, hanno appaltato alla  “Euro Ship Catering  “ il servizio di catering  a bordo della flotta sarda, per cui dubito che si servano, come sponsorizzato, prodotti sardi e che paghino le tasse in Sardegna dal momento in cui è una società siciliana, con sede legale a Palermo.

La nostra proposta è nel progetto che trovate qui.

Smettiamola di chiedere e di accontentarci, non è da intelligenti, lo è casomai per l’intelligenza dei servi, ma davvero ci crediamo cosi poco? Davvero non possiamo intelligentemente essere noi gli artefici del nostro futuro e determinarlo? Noi crediamo di si.
Fintzas a s’indipendentzia.

4 commenti:

  1. Bravo Giuliu, vorrei però che voi prendeste, seriamente, in considerazione, la richiesta che, ormai, centinaia di sardi e non, hanno rivolto al Presidente della Regione e della Repubblica.
    Grazie

    https://www.facebook.com/event.php?eid=189075531144279

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  2. Ciao Giuseppe, devi scusarmi ma per quanto la tua lettera sia legittima e motivata non è del tenore con cui noi manifestiamo e portiamo avanti le nostre di idee. Noi non chiediamo e vogliamo pari rapporto con gli altri italiani, non è a loro che ci relazioniamo per i diritti, vogliamo e possiamo farlo da noi per le nostre esigenze e possibilità.
    Grazie lo stesso
    Giuliu

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  3. Caro Giuliu,
    non voglio entrare nel merito, non mi compete in quanto non ho mai approfondito l'argomento dell'indipendenza della Sardegna, quindi sono ignorante in materia. Forse se riuscissi ad acculturarmi, in merito, sarei già uno dei vostri.
    Ma, a parte questo, sino a che la Sardegna non sarà indipendente, voi chiedete ai sardi di non "chiedere" o "accettare" i loro diritti attuali di italiani?
    In realtà, finché voi popolo sardo non raggiungete l'indipendenza dovete fare sacrifici e non chiedere mai che il Governo Italiano vi riconosca i vostri diritti. A me sembrano due cose diverse, fate bene a lottare per l'indipendenza, ma finché questa indipendenza non c'è dovete, come lo siete, assoggettarvi, assoggettati, alle leggi dello stato italiano, oppure siete fuori dalla legge? Non pagate le tasse, non rispettate le leggi dello Stato e così via?
    Scusami
    Abbracci
    Giuseppe

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  4. Sembrerà contorto, ma noi rispettiamo le leggi dello stato italiano finchè non saremo indipendenti e agiamo in base alle sue leggi, a quelle superiori del diritto internazionale e possiamo già oggi fare a meno dell'Italia se solo si smettesse di farci derubare in continuazione delle nostre risorse e possibilità, ma non chiediamo nulla, vogliamo creare da noi tutto ciò di cui abbiamo bisogno, con le nostre forze e con le nostre intelligenze, ma vogliamo che altrettanto avvenga nei palazzi oltre Tirreno dove ( leggi gli altri articoli nel blog) non vengono assolutamente rispettate le nostre leggi ( per il momento è lo statuto) dove sono contenuti anche i nostri diritti, mai rispettati e posso fartene un elenco lunghissimo, sia economico che sociale. La flotta possiamo farla da noi, entro brevissimo tempo, se chi governa la Sardegna non se la sente si faccia da parte, possiamo benissimo, e finalmente, fare a meno di loro.
    grazie del contributo Giuseppe

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