domenica 13 febbraio 2011

Le sorprese nella finanziaria della Regione



14 gennaio 2011
L’altro ieri è stata approvata la legge finanziaria della Regione Autonoma Sardegna. Siamo in attesa di leggere il testo nel Buras per capire bene se l’elefante stavolta ha partorito un elefantino o il solito topo. Intanto alcune anticipazioni sui giornali sardi ci danno un primo quadro della situazione.
La parte che, per ora, sembra più innocua ma che in realtà dovrebbe preoccuparci è quella relativa all’agenzia delle entrate sarda – l’ARASE – presentata come una fonte di spesa superflua, dato che era nata per riscuotere le imposte “sul lusso” varate dalla giunta Soru, che la Corte Costituzionale ha cassato. Falso. L’ARASE è l’unico ente che controlla la correttezza delle entrate in Sardegna, sia quelle devolute, sia quelle regionali, sia ancora quelle compartecipate, e riscuote quelle devolute e le regionali. Ma questo è un particolare che ai nostri politici importa assai poco, lo hanno dimostrato bene durante l’ultimo ventennio, lasciandosi scappare dalle mani ben dieci miliardi di euro proprio per la mancanza o il mancato utilizzo di un tale prezioso istituto.
A cosa potrebbe servire dunque un ente del genere ad una classe dirigente che non fa alcun conto, oltre a quello della bottega? Forse a nulla, effettivamente. Ma ai sardi servirebbe eccome! Tanto per cominciare, come detto, proprio al controllo delle nostre entrate, cosa di grande valore vista la storia recente delle riscossioni regionali, sfociata nella vertenza entrate, con i suoi annessi e connessi.
In più questa agenzia ritenuta inutile sarebbe potuta diventare, come più volte da noi proposto, una vera e propria agenzia di riscossione, evitando tra le altre cose alcune vistose vessazioni tributarie su aziende e singoli cittadini, ora in balia di enti di riscossione appaltatori dello stato italiano e ad esso rispondenti. Se solo la classe politica sarda avesse a cuore il benessere del proprio popolo ed avesse operato in campo istituzionale con gli strumenti che già oggi possiede, sarebbe bastato far riferimento ai precedenti che nel sistema costituzionale italiano hanno in materia valore di legge. Per esempio quello relativo alla regione autonoma della Sicilia, cui è riconosciuta la riscossione diretta delle imposte.
Sarebbe bastato far valere lo stesso diritto costituzionale, in virtù del fatto che si parla di uno stesso soggetto istituzionale (la regione a statuto speciale) e quindi di un ente di pari grado. Allo stesso modo si sarebbe potuta imporre un’interpretazione più favorevole dell’art. 9 dello statuto sardo, in cui si dice chiaramente che “La Regione può affidare agli organi dello Stato l’accertamento e la riscossione dei propri tributi” . Propri tributi, cioè tutti quelli citati sopra all’articolo 9, in cui non c’è alcuna interruzione, non “ai tributi propri”, spostando l’aggettivo, che sono quelli regionali come recita il comma h dell’art 8 e in cui si specifica, non per nulla, chiaramente che quelli sono “regionali”.
Avere il controllo diretto ed immediato delle nostre finanze, oltre ad evitare gli scempi del passato, avrebbe consentito migliori ed immediati investimenti, ridotto i tempi di esecuzione degli interventi e nell’amministrazione dei servizi comuni, oltre al fatto di non doversi indebitare in attesa di quanto già nostro. Ma questo possono vederlo solo le persone che hanno già oggi una coscienza sovrana per il proprio popolo, non chi lavora, pensa e gestisce per interessi altrui.
Guliu Cherchi

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